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Comunicato stampa 18/06/2019 

Centrale idroelettrica del Crist:

il Tribunale Superiore delle Acque di Roma (TSAP) ha respinto i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento di pesanti spese processuali.

Nello scorso 19 marzo si era svolta a Roma l’udienza del TSAP per esaminare i ricorsi presentati dalla famiglia Fumero e da Legambiente che chiedevano l’annullamento dell’autorizzazione rilasciata dalla Città Metropolitana di Torino in merito alla costruzione di una nuova centrale idroelettrica in località Crist ad Ivrea. La scorsa settimana è stata resa pubblica la sentenza e le relative motivazioni con le quali si rigettano i ricorsi e si condannano i ricorrenti a pesanti spese processuali pari a 16.000 € ciascuno.

Mentre stiamo ancora esaminando le motivazioni della sentenza è possibile esprimere un primo commento a caldo. Innanzitutto l’ammontare esorbitante delle spese processuali imputate ai ricorrenti ed in particolare ad un’associazione di volontariato senza fini di lucro ci pare costituiscano di fatto un impedimento a svolgere un ruolo di controllo/contestazione delle scelte pubbliche da parte dei cittadini. Infatti il ricorso presentato da Legambiente è avvenuto in continuità con una forte opposizione dei cittadini di Ivrea alla realizzazione della centrale sostenuti anche dall’Associazione Pro Ambiente Quartiere Crist.

Ricordiamo inoltre che è tutt’ora aperta una procedura di infrazione della Commissione Europea contro l’Italia proprio in merito alla richiesta di pagamento delle spese processuali alle organizzazioni senza fini di lucro.

Nel ricorso di Legambiente erano elencati numerosi motivi di opposizione al progetto di centrale alcuni procedurali altri sostanziali che riguardavano l’impatto della nuova centrale sulla vita del fiume, sul paesaggio, sulle opere di arginatura del nodo idraulico di Ivrea. Le argomentazioni utilizzate dal Tribunale per respingere il ricorso non riguardano il merito tecnico con cui si era motivato l’opposizione al progetto, ma riprendono di fatto le argomentazioni contenute nella determina di approvazione rilasciata dalla Città Metropolitana.

Un esempio: uno dei motivi forti di opposizione riguardava la metodologia con cui si è tenuto conto dell’impatto della nuova centrale sulla qualità del fiume. Secondo le norme europee l’indice di qualità va definito prima di approvare l’intervento e lo studio va fatto da un soggetto indipendente con una determinata metodologia, mentre nel nostro caso si è concessa l’autorizzazione rinviando alla società costruttrice il compito di valutare la qualità del fiume prima di iniziare i lavori. Inutile dire che non è esattamente la stessa cosa ma purtroppo il Tribunale ha ripetuto quanto già contenuto nella determina di approvazione.

Ci sentiamo di dire che la cultura ambientale è ancora poco diffusa nel nostro sistema giuridico e che non sempre si è in grado di distinguere gli interessi privati dagli interessi pubblici. Certamente l’idroelettrico è tra le forme di produzione di energia che sosteniamo ma oggi siamo in presenza di una distorsione causata dagli incentivi pubblici. Migliaia di nuove domande per la realizzazione di impianti piccoli e medi se accolte produrranno un impatto irreversibile sulle risorse idriche e sull’ambiente come documentiamo in un dettagliato dossier “ L’idroelettrico: impatti e nuove sfide al tempo dei cambiamenti climatici”.

https://www.legambiente.it/wpcontent/uploads/idroelettrico_impatti_e_nuove_sfide_al_tempo_dei_mutamenti_climatici_2018.pdf

A conferma di ciò vale il fatto che Idropadana come la Edison a Quassolo non hanno iniziato i lavori, pur potendolo fare, perché non sono ancora stati definiti gli incentivi pubblici.

Riteniamo che il pronunciamento del TSAP non cancelli le ragioni di quanti, cittadini, agricoltori, associazioni, si battono per il rispetto delle risorse ambientali. Ragioni che interpellano tutti a cominciare dalle istituzioni e che continueremo a sostenere.

 

Circolo Dora Baltea di Legambiente

DOCUMENTO ASSOCIAZIONI: progetto sopraelevazione A5


Il partecipato incontro pubblico svoltosi a Ivrea il 14 aprile 2015 ha permesso di evidenziare e mettere in discussione criticità e punti deboli del progetto riguardante la sopraelevazione e il rifacimento dell'autostrada Torino-Aosta (tra i km 40 e 50 di progressiva) all'interno del nodo idraulico di Ivrea. L’intervento strutturale viene motivato da Ativa con la necessità di impedire l'allagamento dell'autostrada nel caso di eventi di piena eccezionali; inoltre Ativa sostiene che si tratta di una richiesta dell'autorità pubblica quella di rendere “trasparente” l'autostrada tramite la realizzazione di tre viadotti.

I costi per il territorio sono di tutta evidenza. Vanno dall'enorme danno al paesaggio, al consumo di suolo, agli elevati costi (con ribaltamenti pressoché certi sulle tariffe autostradali) insieme ad una cantierizzazione pesante e duratura.

La risposta di Ativa alla richiesta di intervento dell'Autorità di Bacino ci pare incomprensibile e sovradimensionata. Evidente è il conflitto tra l'interesse di un ente concessionario e il bene pubblico più in generale.

L’attuazione dell’intervento prospettato, che segue l’indirizzo progettuale con il quale è stato recentemente realizzato il viadotto Marchetti, ([i]) pur avendo già ottenuto la favorevole valutazione di compatibilità ambientale del MIBACT, a nostro parere comprometterebbe ulteriormente ed in modo irreversibile la connotazione di un paesaggio di riconosciuta qualità percettiva.

Territorio e paesaggio, sono innanzi tutto beni comuni, componenti essenziali del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità.

In democrazia ogni trasformazione di rilevante impatto che incida sul benessere individuale e sociale richiede percorsi decisionali ampiamente condivisi che intercettino le espressioni di interesse di chi vive ed opera sul territorio.

Allo stesso modo, le priorità riguardanti la messa in sicurezza di un territorio dovrebbero scaturire da scelte politiche concertate, supportate dalla conoscenza dei reali fattori di rischio e dei possibili interventi di mitigazione e contenimento dei prevedibili effetti calamitosi necessari alla salvaguardia del territorio, condivise da cittadini, detentori ed amministratori di beni pubblici e privati potenzialmente a rischio. Ma ciò purtroppo non sta accadendo.

Il progetto Ativa, in quanto opzione di un privato comprensibilmente interessato ad ottimizzare il proprio profitto, non propone un reale confronto tra possibili soluzioni. Ad esempio, nei dati di progetto idrologico utilizzati da Ativa non c’è risposta alla domanda elementare: alzare la strada o abbassare il livello di piena? Domanda da confrontare con un elementare pacchetto di minimi interventi di laminazione o casse di espansione (ivi compresi eventuali rimodellamenti dell'incile). Nulla si dice se ciò dipenda da mutate condizioni idrologico e idrauliche del bacino di monte, mentre dovrebbe costituirne il punto di partenza.

Balza agli occhi l'assenza di una rigorosa analisi costi/benefici a livello economico, sociale, ambientale e paesaggistico. Analisi che permetta effettivamente di gerarchizzare le priorità per un territorio. Non è sostenibile dare per scontata una chiusura dell'autostrada a causa di un'abbondante nevicata (come accade costantemente) e non per allagamenti.

Un problema come quello di un possibile allagamento autostradale va comunque confrontato con tutte le necessità di un territorio (di una nazione), per poter poi decidere con razionalità sui veri bisogni primari. Non si comprende perché mai nessuno si preoccupi se ad andar sott'acqua è la ferrovia, mentre diviene inaccettabile l'allagamento temporaneo di un'autostrada, dato che si tratta di allagamento e non di distruzione del manufatto. Com'è noto, a causa dell'alluvione, nel 2000 l'autostrada si fermò per 24 ore, mentre la ferrovia rimase chiusa per ben 2 anni, con enormi disagi per i pendolari. Si ricorda inoltre che la chiusura temporanea dell'autostrada non ha interrotto i collegamenti con la Francia grazie alla statale 26. Statale che in questi anni è stata ulteriormente potenziata.

La scelta di una piena statistica (Tempo di Ritorno) all’estremità della curva intensità /durata rende il confronto molto flessibile, essendo gli eventi estremi molto differenti e variabili tra loro oltre che non facilmente determinabili. Le opere di arginatura realizzate tengono conto di eventi alluvionali eccezionali e ora non ci sembra il caso di continuare a rincorrere le piene con strutture sempre più alte, quanto, dopo aver provato a ridurre le portate a monte, pensare ad interventi validi per le portate di maggior frequenza (ivi compresa un'adeguata manutenzione), riservando il resto ad un buon governo dell'allerta rapida.

È prioritario ultimare le analisi e gli interventi già previsti sul nodo idraulico. Il comitato di coordinamento degli interventi del nodo idraulico di Ivrea ha prescritto la predisposizione di un adeguato sistema di monitoraggio che ad oggi non è stato neppure attivato. Il piano stralcio di integrazione al PAI prescrive la difesa dell’area industriale Loranzè-Colleretto rispetto alla piena del 2000 che ad oggi non risulta né finanziato né progettato. È infine necessario dar luogo ad adeguati studi a valle dell’incile a seguito delle mutate condizioni di portata e velocità sul Ribes a seguito della costruzione delle arginature del nodo a monte.

Sono queste le priorità indicate dagli amministratori oltre alla necessità di realizzare uno studio sugli effetti di una piena sulle strutture a valle dell'incile.

La concessione. Piuttosto evidente è il legame tra il progetto di sopraelevazione e il rinnovo della concessione autostradale per Ativa (gruppo Gavio e costruttore Mattioda). Concessione che, al pari delle altre, l’Unione Europea vuole venga messa a gara e che trova l’ostacolo della potente lobby dei concessionari italiani. Tra i numerosi aspetti negativi del decreto cosiddetto “Sblocca Italia”, c’è anche un articolo (art. 5) che ripropone la proroga in cambio di “interventi di potenziamento, adeguamento strutturale, tecnologico ed ambientale delle infrastrutture autostradali nazionali”. Non va però dimenticato che questi atti di proroga dovranno ancora essere approvati dal Cipe, dalle competenti commissioni parlamentari e dovrà essere sentita l'Autorità di regolazione dei Trasporti. Inoltre è stato aggiunto un importante comma dal Parlamento che richiede l'attuazione di quanto previsto solo se “subordinata al rilascio del preventivo assenso da parte dei competenti organi dell'Unione Europea”. È quindi di fondamentale importanza che gli uffici competenti di Bruxelles, informati sulla situazione italiana in materia di concessioni autostradali, prevedano anche per l'Italia la gara per la scelta del gestore, così come accade in tutto il resto dell'Europa.

In conclusione le associazioni ambientaliste, soddisfatte per l'esito della serata 14 aprile 2015, ritengono che tutta la fase in progettazione del tratto autostradale, dal viadotto Marchetti a Calea di Lessolo, debba essere sottoposta ad ulteriori verifiche idrauliche, ambientali e paesaggistiche, che debba essere aperto un confronto serio con il territorio, che non debba essere realizzato nessun intervento prima di uno studio e di una analisi complessiva dell’area e che dagli elementi oggi a conoscenza ci siano tratti di autostrada dei quali non si ravvede alcuna motivazione per dar luogo ad interventi diversi da una manutenzione ordinaria e straordinaria.

Inoltre auspicano che in tempi brevi:

  • La Regione nella persona dell'Assessore ai Trasporti apra un tavolo con tutti i portatori di interesse per rivedere per intero la progettazione in atto;

  • Le Autorità competenti pongano un freno al vizio tutto italiano riguardante la continua reiterazione di proroghe in materia di concessioni autostradali. In tal senso si vigilerà presso le istituzioni competenti affinché ciò non possa più accadere;

  • Si pervenga al più presto alla creazione di un “Contratto di fiume” per il bacino della Dora Baltea con la formazione di un gruppo di lavoro che coinvolga tutte le comunità locali che vivono e operano sul fiume (dalle sorgenti alla confluenza con il Po). Il protagonismo va dai singoli cittadini alle associazioni del territorio, con ruoli e compiti diversi, ma con l’obiettivo comune di condividere l’urgenza e l’importanza della prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico su tutto il bacino, tutelando al contempo il corso d’acqua e i versanti, con una riqualificazione del territorio che possa servire da volano per il rilancio del territorio.

Ivrea, maggio 2015

Le associazioni

CIPRA Italia, FAI, Italia Nostra Piemonte e Valle d’Aosta, Legambiente, Osservatorio del Paesaggio dell’Anfiteatro Morenico d’Ivrea e Rete degli Osservatori del Paesaggio del Piemonte, Pro Natura Piemonte, WWF Piemonte e Valle d’Aosta

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