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Inquinamento Elettromagnetico
L’inquinamento elettromagnetico, o elettrosmog, è l’alterazione del campo elettromagnetico naturale in una determinata porzione del territorio. Sulla Terra è da sempre presente un fondo elettromagnetico naturale, le cui sorgenti sono la Terra stessa, l’atmosfera ed il sole. A questo si sommano i campi elettromagnetici prodotti da alcune tecnologie utilizzate dall’uomo. Ogni passaggio di energia, infatti, determina nello spazio circostante un campo elettromagnetico: ciò vale per l’elettricità che corre negli elettrodotti o che fa funzionare gli elettrodomestici, come per la trasmissione di segnali radiotelevisivi. Sorgenti diverse che si differenziano per la frequenza (numero di vibrazioni compiute in un secondo, misurata in Hertz) con cui le radiazioni si propagano. Si utilizza il termine di elettrosmog nel caso delle radiazioni con frequenza compresa tra 0 Hz e 300 G Hz, dette “non ionizzanti ”. Si distingue tra bassa frequenza (da 0 Hz a 100 KHz: elettrodotti, elettrodomestici,…) e alta frequenza (da 100 KHz a 300 GHz: antenne radiotelevisive, stazioni radiobase per la telefonia cellulare, telefoni cellulari, impianti radar, microonde).
L’entità dei rischi legati all’esposizione ad un campo elettromagnetico dipende dall’intensità del campo (induzione magnetica, misurata in Tesla) e dalla distanza dalla sorgente. Lo Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) ha inserito i campi elettromagnetici nella classe 2B dei “possibili cancerogeni”, affermando che sussiste una “consistente associazione statistica ” tra l’esposizione a campi elettromagnetici al di sopra di 0,4 microtesla ed un aumento del rischio di leucemie infantili. Riguardo ai telefoni cellulari, non esistono ancora risultati certi sui rischi (cancro, danni alla memoria, al sistema ormonale) legati al loro utilizzo.
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